Una grande gioia ci pervade mentre siamo radunati attorno all’altare del Signore per celebrare la “Messa del crisma”, uno dei punti più alti dell’Anno liturgico”, con la partecipazione di tutte le componenti della Chiesa: vescovo, presbiteri, diaconi, ministri vari, religiose, religiose e popolo di Dio.
Cari fratelli e sorelle, cari fratelli sacerdoti,
dopo una quaresima di incontri e di benedizione delle famiglie, di colloqui fraterni o amichevoli, di ascolto di pene, preoccupazioni, sofferenze, progetti, di preghiera condivisa nella chiesa domestica di famiglie unite, ma anche con persone ferite dalla separazione o da altre pene, eccoci alla soglia della celebrazione del Mistero Pasquale, radunati come Chiesa, a fare memoria della nostra consacrazione, come popolo sacerdotale e ministri del Signore, con l’ascolto della Parola, con la benedizione degli oli, col rinnovo delle promesse sacerdotali, in attesa di rinnovare le promesse battesimali in comunione con tutta la Chiesa, nella notte di Pasqua.
Oggi viviamo anche un evento speciale perché celebriamo il Giubileo della Misericordia insieme a tutto il Presbiterio, i diaconi, i ministri, e un’ampia rappresentanza di tutto il popolo sacerdotale: abbiamo attraversato la Porta Santa di questa Cattedrale, la nostra Chiesa Madre e ci stiamo predisponendo ad attraversare quella del cuore di ognuno di noi.
All’inizio della quaresima siamo entrati, raccolti, nella cripta del nostro cuore per pregare e fare penitenza; oggi siamo nell’Aula basilicale, quale popolo sacerdotale, quali ministri concelebranti con Gesù Sommo Sacerdote, per ringraziare Dio del dono del sacerdozio, della Nuova ed Eterna Alleanza.
Popolo di Dio, reso partecipe del sacerdozio di Cristo con la santa unzione battesimale, abbiamo più volte predicato e invitato altri ad accogliere la misericordia del Padre.
Dopo aver sperimentato la misericordia, vogliamo condividerla con altri con la semente pluriforme del settenario florilegio delle opere di misericordia spirituale e corporale.
In questo Anno Giubilare, soprattutto noi presbiteri siamo investiti di una missione speciale al servizio del Padre della Misericordia e chiamati ad essere banditori del perdono di Dio, trasmettitori e ministri di gioia, speranza e perdono per tutti coloro che hanno smarrito la strada della Casa paterna e si ritrovano impantanati nei gironi della cattiveria o della indifferenza. Ognuno di noi è ministro, missionario della misericordia e col potere di Gesù abilitato a curare le ferite del peccato, a far rinascere la Grazia in chi l’ha perduta e vive nella nostalgia del caldo abbraccio del Padre misericordioso.
Desidero brevemente ricordare e riflettere con voi sulla triplice missione di misericordia a cui noi, investiti del sacerdozio ministeriale, siamo chiamati.
La misericordia verso il popolo
Nei giorni scorsi, meditando nel breviario le palpitanti pagine del libro dei Numeri, insieme ai prodigi che Dio ha compiuto verso il suo popolo, ci siamo imbattuti nella narrazione delle ripetute ribellioni del popolo contro Mosè e Aronne.
“In quei giorni: La gente raccogliticcia, che era tra il popolo, fu presa da una bramosia di cibo; anche gli Israeliti ripresero a lamentarsi” (Numeri 11, 4-6).
“Accadde una volta che tutti gli Israeliti mormoravano contro Mosè e contro Aronne e tutta la comunità disse loro:”Oh! Fossimo morti nel paese d’Egitto, o fossimo morti in questo deserto!”. (Numeri 14, 1 e segg).
“In quei giorni mancava l’acqua per la comunità: ci fu un assembramento contro Mosè e contro Aronne: Il popolo ebbe una lite con Mosè, dicendo:”Magari fossimo morti quando morirono i nostri fratelli davanti al Signore” . ( Numeri 20, 1 segg.).
Mosè, incaricato da Dio di guidare il suo popolo verso la Terra promessa, tocca con mano le ribellioni, le ripetute fragilità del popolo, l’allontanamento da Dio, il tradimento dell’Alleanza, il cedimento verso l’idolatria, la magia, la superstizione… E lui diventa il bersaglio delle minacce del popolo fino a temere per la sua vita; si lamenta con Dio di un compito così oneroso di guida, di intermediario, di sacerdote. Più volte, nei momenti di abbattimento e delusione, chiede a Dio di essere sollevato, sciolto da tale incombenza e responsabilità. In fondo il popolo non lo ha generato lui, appartiene a Dio. Ma poi comprende che di quel popolo ne è parte e appartiene anche a lui.
Mosè quindi intercede presso Dio per il popolo di dura cervice, ma scelto, prediletto e curato da Dio stesso. E’ forte la convinzione, che in seguito il Profeta Isaia definirà: “Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore” (Is 63,16).
E Dio con quel popolo, più volte perdonato, rinnoverà l’Alleanza; a quel popolo donerà l’anno di grazia (Prima lettura, Is. 61,2), da quel popolo verrà il nostro Salvatore.
Misericordia dunque, che si coniuga con pazienza, mitezza, attesa, gradualità, preghiera, intercessione, penitenza, amore: sono lo stile e i mezzi che Mosè ha usato per guidare il Popolo di Dio.
E’ simile a quella di Mosè la nostra condizione di pastori, alle prese con il popolo che ci è dato, di cui siamo parte e che ci appartiene, con le sue mormorazioni, lagnanze, minacce, liti, assembramenti scomposti, lamenti per la bramosia di cibo inappropriato e dannoso, nostalgia delle comode e ordinarie tradizioni dei tempi che furono, delle cipolle d’Egitto, ecc.
In questo Anno della Misericordia siamo sollecitati da Papa Francesco ad alleggerirci dei pesi del passato e condividere benevolenza, perdono e misericordia con tutti, a guardare avanti agli ampi spazi di calore e di comprensione della casa del Padre, della comunione fraterna ed ecclesiale, al comune percorso sotto la guida del Papa, dei pastori, nella docilità a Gesù Buon Pastore, che per noi e la nostra Chiesa, torna a donare la vita.
La misericordia verso se stessi
Noi Presbiteri e Diaconi siamo un’unica famiglia, non di categoria, ma fondata e cementata dalla grazia del Sacramento dell’Ordine, che oggi ricordiamo con commozione, e che si riversa gratuitamente e con abbondanza su ognuno, ogni giorno.
Portiamo impresso il carattere, il sigillo dello Spirito che ci ha resi ministri e pastori del popolo sacerdotale.
Il giorno della nostra ordinazione siamo stati inseriti nella famiglia, nell’Ordine del Presbiterio, conformati a Cristo Capo, indelebilmente, per sempre.
E in questa Messa del crisma, memoria di quell’evento crismale, che resta indelebile nella mente e nel cuore di ognuno di noi, io interrogherò ciascuno di voi e a me stesso:
“Volete unirvi più intimamente al Signore Gesù Cristo e conformarvi a Lui, rinunziare a voi stessi e rinnovare le promesse, confermando i sacri impegni che nel giorno dell’Ordinazione avete assunto con gioia?”
In questa domanda è espresso in sintesi il nostro programma di vita, attuato a volte con successo entusiasmante, a volte tradito con gretto egoismo e con superficiale incoscienza. “Unirci intimamente a Cristo e conformarci a Lui” è l’obiettivo che dà senso alla nostra vita di ministri e fecondità al nostro ministero sacerdotale.
Oggi vogliamo rendere grazie a Dio per i tanti sacerdoti che nella quotidianità crescono nell’unione a Gesù e si spendono per il popolo a loro affidato.
Ma quanta stanchezza noto in alcuni, dopo alcuni anni di ministero, a riconoscere e ad adempiere “quei sacri impegni assunti con gioia nel giorno dell’Ordinazione”! Lo zelo per le anime fa fatica a presiedere le scelte di alcuni, che hanno smarrito l’entusiasmo e la gioia di quel giorno santo, quando l’amore sponsale era all’apice e spingeva ad ogni ardimento.
Oggi, in questa solenne assemblea, il Signore, tramite il vescovo, richiede l’ossequio e l’entusiasmo di un’obbedienza, che sola è capace di santificare le nostre persone e salvare un popolo, bisognoso soprattutto di santità e di testimonianza. A volte “i se, i ma”, le condizioni che vengono manifestate al vescovo, sono tali e tante che viene svilita, svuotata e snaturata l’essenza della nostra obbedienza al Signore; sembra che suggeriamo al vescovo di comandarci ciò che la nostra volontà e i nostri desideri, con insistenza, manifestano e pretendono.
Non è questa la strada della volontà del Signore, né la modalità di conformarci a Lui.
Eppure Gesù Sacerdote oggi ripete a ciascuno la sua chiamata di predilezione, ci rinnova la sua fiducia, riaffidandoci la Parola e i Sacramenti. Quanto amore e quanta fiducia deve avere il Signore in ciascuno di noi, così poveri e peccatori, se ogni giorno si pone nelle nostre mani, confermandoci nel rappresentarlo pur non essendone sempre all’altezza e in maniera proprio onorevole.
Fratelli, non stanchiamoci di chiedere perdono e di rinnovare i nostri propositi.
La storia del figliol prodigo non l’annunciamo solo agli altri, Gesù la racconta anche a ciascuno di noi perché anche noi abbiamo bisogno di tornare dal Padre, riprendere e imparare con entusiasmo ogni giorno, la nostra condizione di figli e di ministri della volontà e della misericordia del Padre.
La misericordia tra confratelli presbiteri
Nella casa del Padre, nella Comunità ecclesiale, troveremo “fratelli maggiori”, che ci vogliono bene, che sono contenti del nostro “ritorno”; ma anche fratelli che faranno rimostranze per la fiducia e la benevolenza riservateci dal Padre.
In teoria ci riconosciamo come famiglia del Presbiterio, ma poi conserviamo nel nostro cuore delle resistenze, diamo spazio a pregiudizi che nulla riesce a farci cambiare, fino a scadere a volte nella mancanza di stima verso alcuni confratelli e nel chiacchiericcio.
San Francesco d’Assisi affermava: “Se la madre nutre e ama il suo figlio carnale, con quanto più affetto uno deve amare e nutrire il fratello spirituale? Io aggiungo “il confratello al quale siamo legati dal sacramento dell’Ordine e dall’unica Eucarestia che celebriamo ogni giorno nella nostra Chiesa particolare”. Non dimentichiamo che siamo un unico corpo sacerdotale.
Stiamo annunciando e predicando la misericordia del Signore e le opere di misericordia per tutti: nessun uomo, per quanto male abbia fatto, può disperare della misericordia del Signore.
In questa giornata sacerdotale invito ciascuno a individuare il fratello presbitero verso il quale indirizzare e dal quale far circolare la misericordia, nel nome del Signore.
Le parole di san Francesco, scritte nella Lettera ad un ministro, sulle quali recentemente abbiamo meditato, vogliamo riferirle ai nostri rapporti con i confratelli sacerdoti:
“Ed io stesso riconoscerò se tu ami il Signore e se ami me suo servo e tuo, se farai questo, e cioè: che non ci sia alcun frate al mondo, che abbia peccato quanto più poteva peccare, che dopo aver visto i tuoi occhi, non se ne ritorni via senza il tuo perdono, se egli lo chiede; e se non chiedesse perdono, chiedi tu a lui se vuole essere perdonato. E se comparisse davanti ai tuoi occhi mille volte, amalo più di me per questo, affinché tu lo possa conquistare al Signore ed abbi sempre misericordia di tali frati” (FF 234).
Il legame, ordito dal sacramento dell’Ordine, è oggettivamente più forte di altri legami e non può essere arbitrariamente negato, sminuito o rimosso.
In questa festa della Chiesa, del popolo sacerdotale, del nostro sacerdozio e della carità che il Signore riversa su di noi, non possiamo trascurare il filo d’oro che tutti ci collega e unisce: l’amore, la comunione nell’amore.
E’ il percorso scelto per il cammino pastorale della nostra diocesi: la comunione. Spesso però, si nota un difetto di comunione a tutti i livelli; eppure sappiamo che senza comunione non c’è missione. Quella attorno al Signore, quella attorno al vescovo; da invocare come dono, da imparare ogni giorno, da costruire a partire dalle relazioni nella famiglia, nella parrocchia, nella comunità religiosa, nella diocesi.
A volte si ha l’impressione che tanti seguano la propria strada, si ritengano interpreti esclusivi del magistero, detentori dell’unica linea giusta e corretta sul versante spirituale, comunitario e pastorale.
Sforziamoci tutti coraggiosamente di innescare percorsi di comunione: con i fratelli, redenti dal Sangue di Cristo, attorno all’Eucarestia, con la parresia nelle relazioni, nel riconoscimento e rispetto dei ruoli e delle funzioni proprie e degli altri e con spirito di fede.
Ricordiamo e preghiamo con i confratelli che quest’anno celebrano un proprio Giubileo sacerdotale:
74° Sacerdozio ZANZOTTI Can. AUSILIO
70° Sacerdozio Don Mario Santini
65 ° Sacerdozio Don Bruno Bison
50 ° sacerdozio Don Andrea Morelli e Don Fernando Benigni, Don Sandro Bigi
40° sacerdozio Don Sergio Colantoni e padre Alfredo Bucaioni Ofm
25 ° sacerdozio Don Antonio Prudenzi, Don Edmund Kaminski, Don Krzysztof Kochanowski, padre Massimo Reschiglian, Kazimierczuck don Andrej
Prossima ordinazione sacerdotale di don Sandro Castellani (3 aprile 2016)
Prossima ordinazione diaconale di Macchiarulo Luigi e D’Isanto Michele
Ci sentiamo uniti, inoltre, ai nostri confratelli che non possono essere qui con noi perché anziani o malati, o perché impegnati al servizio della Chiesa in terre lontane.
Non possiamo dimenticare quanti sono assenti perché stanno vivendo momenti di difficoltà o di crisi nella loro esistenza personale o nel loro ministero: il Signore doni ad essi il desiderio di questa preziosa comunione e la certezza di essere ricordati e amati da tutti noi.
Un pensiero infine, per i nostri confratelli defunti, che nell’ultimo anno ci hanno lasciato e ora partecipano a questa celebrazione nella luce della gloria di Dio. essi sono:
P. Narciso Casanova OSB (19-3-2015)
don Sandro Bigi (14-6-2015)
don Andrea Kazimierczuk (12-8-2015)
don Luigi Baliello (3-10-2015),
don Filippo Maccaglia (5-10-2015).
Gesù oggi ci riconsacra con l’unzione dello Spirito e ci invia a proclamare l’anno di Grazia in questa nostra amata Chiesa particolare, benedetta dal martirio dei Santi Valentino, Giovenale, Firmina e di tutti gli altri Santi.
Ci benedica e ci accompagni la Vergine Maria, Madre di Misericordia e madre dei sacerdoti.