In due anni 500 richiedenti asilo, tra i quali 200 bambini per le metà sotto i 10 anni, sono stati salvati dai
trafficanti e aiutati da comunità accoglienti ad integrarsi, attraverso formazione professionale e lavoro. Sono i
primi risultati dei corridoi umanitari, aperti da Conferenza episcopale italiana, Comunità di S.Egidio e governo
italiano, contenuti nel rapporto “Oltre il mare”, presentato venerdì 5 aprile all’Università cattolica, nel convegno
promosso da Caritas Italiana e Caritas Ambrosiana.
Il programma umanitario, avviato in virtù di un protocollo d’intesa, sottoscritto nel 2017, tra la Cei e i ministeri
degli Affari Esteri e dell’Interno, insieme alla Comunità di Sant’Egidio, ha consentito fino ad ora l’arrivo in
sicurezza in Italia di 500 richiedenti protezione internazionale che vivevano nei campi profughi dell’Etiopia,
Giordania e in Turchia. Individuati tra i più vulnerabili, i beneficiari sono stati complessivamente 107 famiglie,
nelle quali sono inseriti 200 minori, il 58% dei quali bambini sotto i 10 anni. Giunti in Italia, hanno trovato
accoglienza in 47 Caritas diocesane di 17 regioni, in strutture, per lo più appartamenti di parrocchie, istituti
religiosi o privati cittadini, presenti in 87 comuni, secondo un modello già sperimentato nella rete diocesana
(attraverso il progetto “Protetto. Rifugiato a casa mia” lanciato dopo l’appello del Papa nel 2015), e volto a
coinvolgere nell’accoglienza le diocesi, le famiglie, singoli cittadini, le comunità locali, attraverso la messa a
disposizione di vitto, alloggio, corsi di lingua, iscrizione scolastica, dei minori, assistenza sanitaria e psicologica
nei casi di vulnerabilità rilevati, assistenza legale/amministrativa, avviamento all’inserimento lavorativo.
A due anni dai primi ingressi, (il programma terminerà ufficialmente a fine gennaio 2020) il 97% dei richiedenti
asilo giunti attraverso il corridoio umanitario ha ottenuto lo status di rifugiato e il 3% la protezione sussidiaria;
tutti i minori in età scolare sono stati inseriti a scuola; il 30% dei beneficiari è inserito in corsi di formazione
professionale e 24 beneficiari hanno già trovato un impiego.
I risultati (al momento ancora parziali) sono stati resi possibili dal coinvolgimento di 58 famiglie tutor, 574
volontari, 101 operatori: il loro contributo ha permesso di costruire una rete sociale, di sensibilizzare istituzioni
locali, scuole, verso le condizioni e i contesti di vita dai quali i rifugiati stessi provengono; di rendere l’esperienza
condivisa a livello comunitario, al fine di accelerare e facilitare i percorsi individuali e familiari di inclusione in
Italia.